martedì 2 giugno 2020

SCHIZOFRENIA

Manicomio inglese del Settecento



Nel XVIII secolo il manicomio londinese di Saint Mary of Bethlehem, conosciuto come "Bedlam", diventò una vera e propria attrazione e il pubblico vi veniva accolto dietro pagamento di un penny. La consuetudine è documentata anche dall'incisione qui riprodotta di William Hogarth (della serie Carriera di un libertino, 1735), nella quale, oltre allo sfortunato protagonista della vicenda raffigurato in primo piano, si scorgono sul fondo due dame recatesi in visita nel reclusorio per loro proprio diletto. Il manicomio era tristemente famoso per le miserabili condizioni in cui erano costretti i malati e per il crudele trattamento loro riservato.



SCHIZOFRENIA

Termine utilizzato per la prima volta da Eugen Bleuler, all'inizio del Novecento, che viene usato per indicare un gruppo di psicosi caratterizzate da uno stato di disgregazione della personalità (fenomeno chiamato dissociazione), che determina l'alterazione del rapporto con la realtà e altri disturbi comportamentali.

Nello schizofrenico i meccanismi di associazione mentale, che permettono normalmente di collocare ogni evento in un preciso contesto della realtà, appaiono vaghi e determinano nel malato convinzioni, riferimenti, simboli diversi da quelli che seguono la logica solitamente condivisa. Si assiste a una rottura tra la sfera del pensiero e quella delle emozioni. La capacità di adattare i diversi sentimenti alle diverse occasioni appare molto ridotta; essi sembrano rigidi, fissi, cosicché lo schizofrenico finisce spesso per reagire in modo sproporzionato ed eccessivo agli stimoli esterni.

Manifestazioni tipiche della schizofrenia sono il transitivismo, in cui il malato trasferisce su persone o oggetti esterni idee o fenomeni che in realtà hanno origine nella sua mente; l'ambivalenza, cioè la presenza contemporanea di personalità diverse e spesso in contrasto tra loro; l'autismo, che rappresenta una estrema forma di distacco dalla realtà, in cui il paziente sembra perdere ogni coinvolgimento emozionale e arriva a estraniarsi completamente da essa.

Connessi al quadro patologico di base, sono vari disturbi tra i quali allucinazioni, deliri (in cui la mente segue idee fisse che non hanno relazione con la realtà), stati catalettici, catatonia, momenti di blocco psicomotorio alternati a una normale funzionalità del corpo.

La schizofrenia, che si sviluppa quasi sempre prima dei 40 anni, in genere si manifesta per la prima volta durante l'adolescenza o la prima età adulta e tende poi a ripetersi con episodi successivi.


CAUSE

La schizofrenia non è imputabile a una singola causa, ma è piuttosto il risultato dell'interazione tra diversi fattori biologici e ambientali.

I primi comprendono componenti genetiche, coinvolte non esattamente nella comparsa della malattia, ma piuttosto responsabili della predisposizione a essa; il fattore ereditario sembra essere alla base della malattia nel 40% dei casi. Tra le cause scatenanti, negli individui predisposti, vi sarebbero alcune disfunzioni biochimiche e fisiologiche a carico del sistema nervoso centrale. Alcune recenti ricerche hanno dimostrato la presenza nel cervello di alcuni soggetti schizofrenici di anomalie strutturali o di quantità anomale di dopamina, una molecola che interviene nella trasmissione degli impulsi nervosi.

Tra i fattori ambientali vi possono essere problemi psicologici di varia natura, tra i quali una difficoltà di comunicazione nell'ambito familiare o situazioni particolarmente logoranti in campo anche lavorativo e, più in generale, sociale. La percentuale di individui che ogni anno manifesta sintomi di schizofrenia nella popolazione oltre i 15 anni va dallo 0,03% allo 0,12%; il grado di diffusione nel mondo varia tra lo 0,01 e il 3%.


TERAPIA

La terapia sintomatica della schizofrenia si avvale di psicofarmaci, in particolare di quelli chiamati neurolettici, utilizzati sia nel controllo degli episodi acuti, sia nella prevenzione di attacchi successivi. Essa permette di limitare o annullare fenomeni come i deliri e le allucinazioni, e interviene almeno in parte sugli squilibri emozionali; in tal modo, oltre a migliorare lo stato fisico del paziente, agisce in modo positivo anche sulla qualità della vita di quest’ultimo, perché gli consente un più corretto rapporto con la realtà e la possibilità di avere una vita sociale e, dunque, una possibilità di riabilitazione. Il trattamento farmacologico non è, tuttavia, privo di effetti collaterali e, dato che esso perdura nel tempo, deve essere di continuo verificato dal medico che può modificarlo in base al decorso della malattia e alla eventuale comparsa di nuovi sintomi. Un trattamento utilizzato nei casi ritenuti più gravi e la cui validità è oggetto di controversia è l'elettroshock.

Alla terapia farmacologica possono essere associate forme di psicoterapia riabilitativa, singola o di gruppo.

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