Psichiatra britannico. Con Ronald Laing e Thomas Szasz
ha dato vita alla corrente di pensiero e di riforma della
psichiatria nota come antipsichiatria.
Secondo
Cooper la malattia mentale è un’esperienza personale e
sociale: egli contesta qualsiasi classificazione dei
comportamenti mentali devianti come malattia. In
particolare, Cooper effettuò una completa revisione del
concetto di schizofrenia, secondo la quale il paziente
schizofrenico e, in genere, tutti coloro che sono affetti da
gravi disturbi psicotici, vengono condizionati alla malattia
dalle influenze della famiglia e dall'atteggiamento
dell'ambiente sociale, che condanna ed emargina i malati di
mente. Gli stessi psichiatri e le istituzioni terapeutiche
(ospedali, centri ambulatoriali ecc.) fanno parte di questo
meccanismo, che trasforma la cura in un ulteriore momento di
allontanamento del malato dalla società.
Tra le sue opere più note ricordiamo: Psichiatria e
antipsichiatria (1967), La morte della famiglia (1971), Il
linguaggio della follia (1978).
La
morte della famiglia
Le strutture alienanti della famiglia vengono riprodotte
dappertutto: ufficio, scuola, università, chiesa, partito,
esercito, ospedale. A loro volta, queste strutture sociali
proseguono l'opera intrapresa della famiglia, che mira a
produrre la "normalità" e le basi del conformismo. In queste
sue riflessioni sull'amore, il matrimonio, la morte, la
follia, la rivoluzione - un libro che è ormai un classico -,
David Cooper, uno dei pionieri dell'antipsichiatria, attacca
a fondo le istituzioni destinate a perpetuare una condizione
da cui non si sfugge se non con la pazzia o con la rivolta.
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